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Sblocco dei licenziamenti, Barone: “In Sicilia sarebbe devastante. Una proroga per ripartire in sicurezza”.

Palermo. In Italia con la fine del blocco sono previsti da 500 mila a 2 milioni di licenziamenti. Anche in Sicilia gli effetti sarebbero devastanti. “Già registriamo fortissime tensioni – spiega subito il segretario generale della Uil Sicilia, Claudio Barone -. Il polo industriale di Siracusa, dichiarato area di crisi complessa, dovrà riconvertirsi verso il green. Ma oggi, in attesa dei grandi investimenti da finanziare con le risorse europee, riscontriamo difficoltà a garantire una continuità occupazionale nel sistema degli appalti. Altrettanto drammatica la situazione per il comparto turistico, l’unico che negli anni scorsi aveva registrato una crescita e che oggi, con la fine del blocco pandemia, ha fortissime difficoltà a ripartire. Taormina, ad esempio, sta rivedendo i primi turisti, ma si tratta in realtà di presenze che stanno recuperando i viaggi già pagati la scorsa stagione”. Secondo il sindacato anche la grande distribuzione è stata colpita, non solo dalle norme anti assembramento, ma dall’oggettivo calo dei consumi. Una timida ripresa solo nel comparto dell’edilizia che dovrebbe beneficiare delle risorse per le infrastrutture che arriveranno con Recovery Plan. Per questo una delegazione della Uil Sicilia sarà in piazza a Bari: per chiedere la proroga del blocco dei licenziamenti.

E Barone precisa: “Riteniamo indispensabile evitare lo smantellamento del fragile tessuto produttivo della nostra regione e consentire che le ingenti risorse europee consentano di creare nuove opportunità per difendere l’occupazione. Chiediamo, quindi alla politica, di smetterla di occuparsi solo di poltrone e campagne elettorali. Non possiamo vivere solo di assistenzialismo”. In Sicilia sono 600 mila i percettori tra reddito di cittadinanza e di emergenza, sostegni necessari per la tenuta sociale in tempi di pandemia, ma non può essere l’unica prospettiva. “Già oggi – conclude il leader della Uil – le poche occasioni di occupazione rischiano di non essere colte perché manca l’incrocio tra domanda e offerta. Occorre fare partire vere politiche attive del lavoro a partire dal potenziamento dei centri per l’impiego. I nostri giovani devono avere la possibilità di presentarsi con competenze linguistiche, informatiche e specializzazioni adeguate per essere più forti, sfuggendo ad assistenzialismo e lavoro nero”.