L’emorragia di posti di lavoro dal sistema economico ha una base. Secondo l’analisi della Uil, guidata da Claudio Barone, “il crollo degli appalti pubblici ha fatto chiudere decine di cantieri edili bloccando di fatto un settore. Sopravvivono in parte il manifatturiero e l’industria meccanica, però senza crescita. E il Cantiere navale attende ancora il mega bacino galleggiante per aumentare la produzione. Nell’ex Fiat di Termini Imerese si è visto qualche passo avanti ma che fa pensare più all’attività di una grande officina che di uno stabilimento industriale. Il settore dei call center si regge sugli ammortizzatori sociali mentre il segmento turistico, nonostante la congiuntura favorevole, ancora non riesce a consolidarsi. Inoltre, le misure nazionali e regionali su lavoro si sono dimostrate inutili. L’occupazione non si fa per legge e gli incentivi alle imprese da soli non porteranno a una ripresa. Le norme possono aiutare i settori produttivi ma se non c’è crescita perché le aziende devono assumere”? Il leader della Uil punta pure il dito sulla mancanza di progettazione. “Le imprese – fra crisi e lungaggini burocratiche non riescono ad attrezzarsi per pianificare il loro futuro. Senza certezza normativa e stabilità politica tutto sembra destinato a fallire. Questo sindacato farà fronte comune per contribuire a cambiare l’attuale disastrosa situazione”.